Vitigni: Aglianico

 L’Aglianico è uno dei vitigni più importanti dell’Italia meridionale quanto a superficie totale coltivata. Il vitigno sembra sia stato portato in Italia dai greci a cui i romani diedero poi il nome di “Vitis Hellenica” e da qui la parola Ellenico anche se l’origine del nome rimane incerta. Venne probabilmente introdotto nei secoli VII-VI a.C. nell’ambito della migrazione delle popolazioni greche verso la Campania, Puglia e Basilicata, terre queste che presero il nome di Magna Grecia. Queste popolazioni migrate sia per motivi commerciali sia per le tensioni sociali causate da una magra produzione agricola che non permetteva la sopravvivenza, portarono con sé le loro tradizioni agricole che trovarono favorevoli condizioni nel clima e nei terreni dell’Italia meridionale.

Altre fonti storiche che certificano l’antichità di questo vitigno sono costituite dai resti di un torchio dell’età romana ritrovati nella zona di Rionero in Vulture e da una moneta bronzea raffigurante l’agreste divinità di Dionisio, il cui culto fu poi ricondotto a quello di Bacco, coniata nella zona di Venosa nel IV secolo a.C. Nel XV secolo sotto la dominazione degli Aragonesi prese il nome di Aglianico a causa della doppia pronuncia ‘l’ pronunciata ‘gl’ nell’uso fonetico spagnolo. Il vitigno Aglianico sembra prediligere i terreni di origine vulcanica, come le fredde zone dell’Appennino meridionale, viene coltivato nell’area del Taurasi in provincia di Avellino, sulle pendici del monte Taburno in provincia di Benevento e in Lucania nella zona del monte Vulture.

Ciò che fa dell’Aglianico, quindi, un vitigno molto particolare e dalle notevoli potenzialità è proprio la sua adattabilità alla coltivazione in zone tra loro completamente diverse. Questa sua capacità però non riesce a dare la risposta, comunque, su quale sia la zona privilegiata che da il vino migliore, se la coltivazione in alta collina con una lenta maturazione dell’uva oppure i terreni a clima più mite ben esposti all’influenza del mare.

Il vitigno Aglianico, infatti, si sviluppa in maniera ottimale nei terreni più compositi, dando vita ad una molteplice varietà di vini: si adatta bene alle colline dagli inverni assai rigidi del Taburno e dell’Irpinia, ma altrettanto favorevole è il microclima interno dai terreni più caldi di un antico vulcano spento nel Taurasi.

Ad ogni modo l’Aglianico in queste zone produce vini rossi di intenso colore rubino, con aromi pieni e sapori potenti, caratterizzati comunque da differenti espressioni fenotipiche. Sono stati inoltre riconosciuti descrittori d’odore come la ciliegia, la mora, la marmellata di frutti di bosco, il ribes, la vaniglia, il pepe nero, i chiodi di garofano e il cuoio.

Il vitigno Aglianico da vita a numerosi vini ma tra i più importanti c’è  l’Aglianico del Vulture che ha ottenuto il marchio DOCG nel 2011 con il nome Aglianico del Vulture Superiore, l’Aglianico del Taburno DOCG e il Taurasi DOCG.

Il vino Taurasi proviene da una terra calcarea, l’antica Taurasia, ricca di argilla che migliora la qualità del vino perché trattiene meglio l’acqua assicurando al vino una maturazione più regolare. Inoltre essendo un terreno costituito in maniera pressoché proporzionata tra montagne e colline, costituisce una barriera che l’aria del mare non riesce a violare.

Il vino Taburno prende il nome dal massiccio collinare di origine vulcanica del Taburno che presenta un terreno di rocce arenarie, quindi non calcareo, con una presenza consistente di argilla che favorisce il ristagno di acqua anche se qui il terreno è poco profondo. Da qui un vino caratterizzato da note speziate e floreali.

Nel Vulture, in un’area compresa tra i 200 e i 700 mt, la presenza di un vulcano spento offre un clima meno aspro e un terreno con una tessitura più grossolana che favorisce un contenuto di zucchero più elevato nel vino e un’acidità inferiore rispetto all’Aglianico del Taburno che fanno risaltare la predominanza dei sentori di frutti rossi, come la fragola e il lampone.