Il Dolcetto

DOLCETTO

Uva precoce, di bassa acidità, coltivata quasi esclusivamente nelle province di Cuneo e Alessandria. Il vino che produce è la bevanda locale quotidiana, ricca di morbidezza, frutto e aromi di liquirizia e mandorla. I più vanno bevuti a due o tre anni dalla vendemmia.

Può maturare anche quattro settimane prima del maestoso Nebbiolo. Può essere coltivato in posizioni troppo elevate o troppo esposte a Nord per la migliore uva piemontese. Per esempio, nelle venerate zone del Barolo e del Barbaresco il Dolcetto non viene piantato su pendii esposti a Sud, a meno che la vigna sia troppo in alto per consentire una regolare maturazione del Nebbiolo.

Nelle zone di Dogliani, Diano d’Alba e Ovada è piantato là dove altre varietà non maturerebbero. I produttori della zona del Dolcetto d’Alba, produttrice di molti dei migliori Dolcetto, concordano sul fatto che la varietà preferisce le caratteristiche marne bianche della riva destra del Tanaro. Non dà i risultati migliori su terreni più pesanti.

Quest’uva è relativamente facile da coltivare, a parte la predisposizione alle malattie fungine e la tendenza alla caduta dei grappoli nelle fredde mattine di fine settembre. Tuttavia non è per nulla facile vinificarla. È bassa di acidità, perlomeno rispetto al Barbera, e quindi “dolce” per il palato piemontese. Ha tannini consistenti che i produttori domano con fermentazioni più brevi. Le bucce sono così ricche di pigmenti (che spesso lasciano un notevole deposito) che neppure con fermentazioni molto brevi si compromette la scura veste rubino-violacea del vino.

Le DOC del Dolcetto del Piemonte sono sette: Acqui, Alba, Asti (dove è molto più diffuso il Grignolino), Diano d’Alba, Dogliani, il raro Langhe Monregalesi e Ovada. L’Ormeasco è la versione ligure e più meridionale d’Italia del Dolcetto, coltivata appena al di là dei monti che separano il Piemonte dalla Liguria.

L’ampelografo francese Galet sostiene che il dolcetto è la stessa cosa del Douce Noire savoiardo, sinonimo di Charbonneau, e che si tratta della varietà detta Charbono in California, ma non tutti in Italia sono d’accordo. In Argentina è presente una varietà conosciuta come Dolcetto, coltivata però su scala estremamente limitata.

VINO

I vini ottenuti con il Dolcetto devono essere consumati preferibilmente entro i due, tre anni di età. Hanno un bel colore, e se ben vinificati, possono invecchiare dai cinque agli otto anni.

Da giovani sono vini freschi, leggeri e vivaci, sempre secchi con un retrogusto spesso amarognolo per una pronta beva. Invecchiati sono dotati di un buon corpo e una discreta struttura, con profumi fruttati alla ciliegia e alla confettura di frutti rossi. Il gusto è ben secco, con retrogusto alle mandorle e un palato caldo e avvolgente.

Uno dei migliori, è il Dolcetto d’Alba, ricchissimo e profondo, intenso negli aromi di lampone, ciliegia matura e susina, potente al palato e ben strutturato per il coniglio fritto.

Può avere gusti anche ammandorlati, comunque fruttati e vinosi. È un vino che riesce ad accompagnare moltissimi tipi di pietanze, dagli agnelli alla cacciagione, fino alla carne bianca e ai salumi. Va servito tra i 16 e i 20°C.